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Il termine colica, nel cavallo, viene usato per descrivere una sintomatologia riconducibile a dolore addominale. Questa dolorabilità è spesso associata a problemi del tratto gastrointestinale. Non ci dobbiamo però dimenticare che anche altri problemi possono dare una sintomatologia colica nel cavallo, come per esempio problemi del tratto uro-genitale, dolori muscolari e laminite. Queste sono conosciute come false coliche ma possono comunque avere una notevole importanza.
Ci sono più di 70 tipi di coliche intestinali e in media, 10 cavalli su 100 presenta una sintomatologia colica ogni anno. Inoltre, i dolori possono manifestarsi con lieve entità, passando quasi inosservati, ma possono anche essere molto forti e associati quindi a problemi molto gravi che possono mettere a rischio la vita del nostro cavallo.
Difatti la colica è una delle più comuni cause di decesso fra gli equidi, sebbene la prognosi sia nettamente migliorata negli ultimi anni. Questo perché le tecniche diagnostiche e terapeutiche sono andate sempre più ad affinarsi, riuscendo a garantire diagnosi sempre più precise, accurate e precoci che hanno determinato un approccio terapeutico tempestivo e adeguato.

Che cosa determina il dolore colico?Colica nel cavallo
Così come gli esseri umani, i cavalli sono molto sensibili a qualsiasi causa di dolore intestinale.
Le cause di dolore possono essere diverse, per esempio: si possono avere spasmi intestinali, meteorismo e distensione dei visceri, vascolarizzazione insufficiente dovuta per esempio alla dislocazione degli organi dalla loro normale sede addominale.

Quali sono i sintomi di colica nel cavallo?

I più comuni sintomi possono essere:

  • Casi di dolore lieve:
    • Arricciamento delle labbra,
    • Guardarsi il fianco,
    • Inquietudine,
    • Raspare;
  • Casi di dolore moderato:
    • Atteggiamento frequente di urinazione,
    • Giacere a terra per lungo tempo;
  • Casi di dolore grave:
    • Rotolamento,
    • Sudorazione,
    • Respiro veloce;

Cosa posso fare se sospetto una colica nel mio cavallo?

Ricordiamo che le coliche sono delle patologie che possono mettere a rischio la vita dell’animale. Questo deve suscitare un’attenzione e una sensibilità particolare da parte del proprietario del cavallo verso questo tipo di dolore.

Quando ci troviamo di fronte a un cavallo che manifesta sintomi che ci ricordano il dolore colico, occorrerà contattare al più presto il nostro veterinario di fiducia, al quale dovremo riportare scrupolosamente la sintomatologia alla quale ci troviamo di fronte.

In questo modo, il veterinario riuscirà ad inquadrare il problema in maniera rapida e abbastanza accurata, tale da poter dare un consiglio immediato al proprietario, per poter intervenire subito sul dolore del nostro amico.

Nelle situazioni di dolore lieve-moderato, può essere suggerito al proprietario di far camminare il cavallo per circa 10 minuti e valutare se la situazione nei 30 minuti successivi migliora, rimane uguale o addirittura subisce un peggioramento.

Difatti, spesso può accadere che si manifesti una sintomatologia evidente e grave, questo può portare il veterinario a decidere che il cavallo vada riferito immediatamente ad una struttura più specializzata che può dare al paziente delle cure più accurate, che in campo non si potrebbero fornire.Colica nel cavallo

In alcune situazioni, il trattamento chirurgico può essere l’unica soluzione possibile di intervento per risolvere l’episodio di colica. A maggior ragione, in queste occasioni il fattore più importante rimarrà la rapidità di intervento e di decisione nel riferire il cavallo in strutture specializzate. Il nostro amico potrà così avere le migliori chance di sopravvivenza in seguito ad una colica chirurgica.

In conclusione?!

Con queste premesse, risulta evidente come una precocità di intervento sia determinante nel garantire al nostro amico le migliori possibilità di ripresa dopo un episodio di colica.

Irene Nocera
DVM, PhD Student
Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato”
Dipartimento Scienze Veterinarie - Università di Pisa
Tel. +39 340 9499961
E-mail: irene.nocera@vet.unipi.it

Gli animali selvatici hanno da sempre affascinato l’uomo e appaiono come i protagonisti di scene di vita quotidiana fin dalle prime testimonianze rupestri della nostra cultura. La fauna selvatica ha da sempre rivestito un ruolo fondamentale per la società, rappresentando una fonte di cibo, di vestiario e rivestendo il ruolo di musa ispiratrice per leggende e fiabe ancora oggi raccontate. Negli ultimi anni, la sempre maggiore importanza che viene riconosciuta alla salvaguardia dell'ambiente ha generato una fitta normazione per la soluzione dei problemi che affliggono la fauna selvatica e una crescente informazione e consapevolezza da parte dei cittadini sulla tutela di queste specie.

Fauna selvatica italiana

La fauna italiana è costituita da circa 57.422 specie di cui circa 56.168 invertebrati e 1.254 vertebrati. Fra le specie che più comunemente possono venire a contatto con l’uomo, o con le sue attività, possiamo annoverare gli ungulati selvatici, soprattutto caprioli e daini, i carnivori selvatici come lupi, volpi, tassi, e altri animali quali cinghiali, istrici e ricci.Fauna selvatica italiana

I motivi di incontro e, purtroppo, anche quelli di scontro, fra animali selvatici e cittadini sono soprattutto da ricercarsi nel costante incremento demografico di diverse specie, nella creazione di un fitto sistema viario e nel radicale riassetto del territorio rurale con la conseguente modificazione di gran parte degli ecosistemi esistenti. Ciò ha causato l’aumento delle interazioni tra la fauna selvatica, gli esseri umani e gli animali domestici, per lo più bestiame e cani da caccia. Tale fenomeno ha determinato, e continua a farlo, crescenti problematiche, sia per l’uomo, come i danni alle coltivazioni, l’aumento del rischio della trasmissione di patogeni e l’aumento di sinistri stradali dovuti all'impatto fra veicoli e animali selvatici, sia per il territorio, sia per le specie interessate.Fauna selvatica italiana

Le varie strutture Veterinarie, in convenzione con le Regioni a cui spetta la tutela e la responsabilità di azione nei confronti di queste specie, offrono servizi di soccorso e recupero della fauna selvatica locale H24. Le suddette attività si concentrano soprattutto in interventi su animali incidentati, feriti o imbrigliati poiché coinvolti in scontri con autoveicoli, o rimasti intrappolati in reti e recinti solitamente destinati alla protezione degli ortaggi e degli animali domestici.

Fauna selvatica italianaQuesti soggetti giungono spesso in condizioni critiche e necessitano di un pronto intervento e una stabilizzazione immediata, per poi riuscire a procedere con un iter diagnostico completo e una terapia adeguata ad ogni singolo caso. Il Veterinario, insieme agli Organi di tutela della fauna selvatica, valuterà quando sia possibile reimmettere il soggetto in natura e quando si renda necessario trasferirlo in riserve e aree dedicate a un più lento recupero.

Fauna selvaticaE’ fondamentale l’addestramento e la consapevolezza del personale, spesso composto da volontari e liberi cittadini, che recuperano e trasportano questi animali verso le strutture veterinarie competenti. Per prima cosa, occorre conoscere le differenze di specie per poter mettere in sicurezza l’animale e se stessi. In caso di recupero di un ungulato selvatico, per esempio un capriolo, è necessario sapere che questi animali sono soggetti a forti stress metabolici e muscolari dovuti alla cattura e al contenimento. Una benda sugli occhi minimizzerà l’agitazione e la paura dell’animale e sarà fondamentale non legare le zampe del soggetto, ma alloggiarlo in una apposita gabbia di cattura che sia contenitiva ma non costrittiva.Fauna selvatica

Un altro intervento veterinario frequente è quello legato all'incauta raccolta di cuccioli nell'habitat selvatico. Di nuovo risulta fondamentale conoscere la biologia delle singole specie al fine di evitare di intervenire in contesti non appropriati. I piccoli di cinghiale si allontanano poco dalla loro madre, mentre i cuccioli di capriolo e daino sono lasciati soli, a riposare in posti sicuri, anche per lunghi periodi dalle madri che possono così cercare il cibo. Questo allontanamento, però, è ben calcolato e una madre capriolo passerà spesso a controllare il suo piccolo, ricordandosi perfettamente dove lo ha nascosto. Toccare, o peggio prendere uno di questi cuccioli con l’errata convinzione che siano soggetti in difficoltà crea un danno all'ecosistema e soprattutto condanna il piccolo in questione, nella maggior parte dei casi, a rinunciare alla sua vita selvatica e a non poter più essere reintrodotto in natura.Fauna selvatica

L’uomo può dunque essere un valido aiuto per le specie selvatiche locali in difficoltà, ma deve agire con consapevolezza e in presenza di conoscenze adeguate. Per migliorare il proprio intervento, i cittadini possono rivolgersi alle strutture competenti per il loro territorio per ricevere tutte le informazioni necessarie. E’ inoltre utile avere sempre a portata di mano i numeri da chiamare in caso di necessità per allertare i professionisti competenti di ogni singola zona.

Dott.ssa Francesca Bonelli, MV, PhD, Ricercatore A
Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato”
Dipartimento Scienze Veterinarie, Università di Pisa
francesca.bonelli@unipi.it

Accanto ai più tradizionali animali da compagnia quali il cane ed il gatto, che comunque rimangono i pazienti più numerosi di un ospedale veterinario universitario (OVUD), abbiamo spesso la richiesta di effettuare visite cardiologiche su animali cosiddetti “non convenzionali”

Tra questi i serpenti Boa detengono, in genere, il primato come numero di ingressi all’interno di un OVUD (fig.1). Occuparci di questi rettili consente agli studenti che frequentano l’Ospedale di acquisire confidenza e manualità con una specie animale così differente da un amico a quattro zampe. Il cuore del serpente, infatti, ha una frequenza cardiaca molto inferiore a quella del cane e del gatto (30-40 battiti al minuto) ed un’organizzazione anatomica delle camere cardiache e dei setti assolutamente peculiare; in questi animali lo sviluppo del cuore, durante la fase fetale, sembra essersi fermato ad uno stadio evolutivo primordiale, diversamente da quello che del cane e del gatto, molto simile a quello che si osserva nella specie umana.

L’esame ecocardiografico evidenzia infatti due ventricoli comunicanti tra loro, nei quali il sangue ossigenato e quello non ossigenato si mescolano.

Anche altre specie non convenzionali possono essere oggetto di attenzione, in quanto il clinico medico possiede tutte le competenze professionali per poter affrontare problematiche di diversa origine che necessitano spesso della collaborazione di altre figure professionali quali in chirurgo e/o l’ostetrico. Non è inusuale ricoverare animali selvatici che provengono da parchi naturali ubicati in diverse regioni del nostro Paese.

Gli studenti e le diverse unità operative dell’Ospedale  sono coinvolti nella gestione multidisciplinare dell’iter diagnostico e/o terapeutico in collaborazione con  Colleghi Veterinari liberi professionisti specializzati in specie non convenzionali o provenienti da centri CRAS distribuiti sul territorio. L’esame ecocardiografico, eseguito dopo opportuna sedazione, costituisce spesso uno strumentale indispensabile per poter definire una diagnosi ed istituire una opportuna terapia. Non ci sono molti dati relativi al cuore di una tigre quindi, l’escissione di una neoplasia interscapolare in uno di questi grandi felini, che richiede ovviamente un’anestesia generale, ci  consente di  eseguire un accurato esame ecocardiografico (Fig.n.2)  Interessante è stata anche l’indagine ecocardiografica che abbiamo effettuato   in un canguro rosso femmina sedata per procedere all’estrazione di numerosi denti coinvolti in un processo degenerativo della mandibola (fig. 3); ancora, in un panda rosso risultato positivo agli angiostrongili (parassiti) oppure in un lemure affetto una grave insufficienza respiratoria dovuta ad un versamento pleurico, drenato proprio con l’ausilio dell’ecografia (fig.4-5).

Gli ospedali Veterinari Universitari Didattici possono quindi essere considerati dei punti di riferimento anche per le specie non convenzionali che devono necessariamente costituire una parte integrante della formazione dei futuri medici veterinari, così da poter essere, successivamente, una possibile fonte di lavoro in strutture specializzate in Italia e all’estero.

 

A Cura di Paola G. Brambilla
Reparto di Medicina Generale e Specialistica
Unità Operativa di Cardiologia
Ospedale Veterinario Universitario
Università degli Studi di Milano
Via dell'Università, 6 - 26900 LODI

La coagulazione (o emostasi) è un meccanismo naturale che interviene per evitare i sanguinamenti eccessivi. E’ composta da una fase primaria, durante la quale, in caso di necessità, piccole cellule presenti nel sangue (le piastrine), possono aggregarsi tra di loro e ridurre-interrompere temporaneamente un’emorragia; e da una fase secondaria, dipendente dai fattori presenti nel plasma, indispensabile per rendere stabile e duraturo il coagulo formato dalle piastrine. L’alterazione di una o entrambe le componenti (per esempio a seguito di avvelenamenti, malattie infettive, disturbi immunitari, carenze congenite, ecc..), può portare a sanguinamenti.

Pertanto, i sanguinamenti possono essere dovuti a:

  • Anomalia delle piastrine (alterazione della fase primaria):

Generalmente si manifesta con piccoli sanguinamenti dalle mucose (es. bocca, naso, stomaco-intestino e genito-urinarie). Nelle zone senza pelo si possono vedere piccole emorragie a forma di puntino rosso, dette petecchie o aree emorragiche più estese, dette ecchimosi. (Fig. 1)

Petecchie sull'addome di un cane
Fig. 1 - Petecchie sull'addome di un cane

Nel caso il cane presenti un sanguinamento esterno (es. perdita di sangue dal naso o epistassi, Fig. 2) è buona norma tamponare con del tessuto pulito e applicare del ghiaccio, per limitare e cercare di interrompere la perdita. Se l’emorragia non si arresta in tempi brevi (un paio di minuti) è meglio dirigersi verso il veterinario più vicino.

    • DIAGNOSI: per diagnosticare un problema piastrinico inizialmente
      Epistassi monolaterale cane
      Fig. 2 - Epistassi monolaterale cane

      si esegue una valutazione del loro NUMERO. Tale esame generalmente è possibile effettuarlo presso il proprio veterinario. Se questa prima valutazione non è sufficiente per giungere ad una diagnosi, è fondamentale valutare la FUNZIONALITA’ delle piastrine. Tale esame è in genere effettuabile solo presso alcune cliniche o centri di ricerca. Ad esempio, presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie di Torino vengono eseguite queste valutazioni utilizzando il PFA-100 e il Multiplate, str

      umenti in grado di evidenziare  le anomalie funzionali delle piastrine.

E anche possibile eseguire in laboratori specializzati la valutazione del fattore di von Willebrand che contribuisce all’aggregazione piastrinica e che può essere carente in alcune particolari razze canine (es. p

astore tedesco, barboncino, doberman pinscher, setter irlandese…).

  • Anomalia dei fattori della coagulazione (alterazione della fase secondaria):

La coagulazione del sangue è un processo complesso che coinvolge un grande

numero di fattori della coagulazione, proteine essenziali per la formazione del coagulo. La carenza dei fattori della coagulazione determina l’incapacità di formare coaguli stabili e, di conseguenza, la presenza di frequenti episodi emorragici. I sanguinamenti in questo caso possono essere più gravi, esterni o interni (emorragie toraciche, addominali e/o articolari), spontanei o conseguenti a traumi di lieve entità, o addirittura conseguenti ad avvelenamenti (veleni per topi). A seguito di eventi emorragici di una certa entità il cane può manifestare debolezza generalizzata, aumento della frequenza respiratoria e cardiaca, addome disteso (emorragia in addome, ed anche zoppia (emorragia articolare). L’esame dei fattori della coagulazione consente al Veterinario di risalire alle cause degli episodi emorragici e quindi di valutare quale sia la terapia migliore.

    • DIAGNOSI: Il processo coagulativo è un processo di tipo dinamico; esistono infatti altri fattori in grado di dissolvere il coagulo in un processo noto con il nome di fibrinolisi. Nei soggetti sani infatti, dopo la riparazione del danno tissutale, il coagulo viene rimosso. L’equilibrio tra formazione e distruzione del coagulo assicura l’assenza non solo di sanguinamento eccessivo, ma anche l’eccessiva formazione dei coaguli, qualora questi non siano più necessari. Anche per identificare un problema dell’emostasi secondaria è necessario un esame del sangue. Di solito, nei test di primo livello, viene misurata l’attività dei fattori della coagulazione con test quali il tempo di protrombina (PT), il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) ed il dosaggio del fibrinogeno.  Esami più specialistici permettono di identificare problemi non rilevati dai tempi di coagulazione, come la l’ipercoagulabilità (o trombofilia)  o un eccesso di rimozione del coagulo (iperfibrinolisi).  Presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie di Torino abbiamo la possibilità di utilizzare il TROMBOELASTOMETRO e il GENERATORE DI TROMBINA, strumenti molto sensibili, utilizzati per la valutazione di alterazioni complesse dell’emostasi. Infine, è possibile eseguire in laboratori specializzati la valutazione dei singoli fattori plasmatici che intervengono nella coagulazione, perché anche i nostri animali soffrono di emofilia o altre carenze congenite.

Dott.ssa Barbara BrunoDott. Antonio Borrelli
Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università degli Studi di Torino

La tosse è un meccanismo riflesso indotto da uno stimolo irritativo a livello dell’apparato respiratorio, che consiste nell'espulsione di aria dai polmoni attraverso il cavo orale.

"Dottore il mio cane è malato, ha la tosse!", è una frase che siamo abituati sentire con una certa frequenza, ma è effettivamente corretta?

La tosse nel cane

Di per sé la tosse non rappresenta una malattia ma è semplicemente un sintomo, conseguente ad un'affezione primaria respiratoria oppure secondaria a problematiche di altri organi che si ripercuotono sulle vie aeree.

Spesso è sporadica, rara, come normale forma di difesa scatenata da stimoli temporanei non preoccupanti, come l'inalazione accidentale di polvere o sporcizia, e non è inquadrabile in questi casi come sintomo di patologia.

Diverso è il caso in cui la tosse si presenta in maniere ricorrente, dove si rende necessario la visita medica dal proprio Veterinario di fiducia.

Come ormai siamo abituati a vedere nelle diverse pubblicità di sciroppi per la tosse ad uso umano,  è ampiamente noto che esistono due importati categorie di tosse:

  • Tosse produttiva, umida, cosiddetta "grassa" caratterizzata dall'espulsione di muco o catarro.
  • Tosse non produttiva, stizzosa, cosiddetta "secca" caratterizzata dall'assenza di materiale.

 Altrettanto importante è capire il tempo di insorgenza del sintomo, in base al quale si può distinguere se la tosse è espressione di un problema:

  • Acuto: sintomo insorto fino a 3 settimane dalla visita clinica
  • Subacuto: sintomo insorto dalle 3 alle 8 settimane dalla visita clinica
  • Cronico: sintomo insorto da più di 8 settimane

Ma quali sono le cause? Purtroppo, non si può identificare una causa univoca. È necessario effettuare una corretta anamnesi per poi procedere con una visita clinica approfondita mirata a capire la reale origine del sintomo ed impostare al meglio un piano diagnostico, prognostico  e terapeutico.

PRICIPALI CAUSE TOSSE

Può essere utile dividere le cause di tosse in macrogruppi. Si possono così avere cause:

  • Infettive

Virus, batteri, parassiti e miceti possono colpire l’apparato respiratorio a più livelli, sia come monoinfezioni che con quadri di infezioni multiple.

Una delle patologie più comuni in questo ambito è sicuramente la cosiddetta tosse dei canili, patologia di natura polifattoriale scatenata principalmente da un batterio (Bordetella bronchiseptica) e un virus (Virus della parainfuenza canina) che colpisce soprattutto animali giovani tendenzialmente immunodefedati.

Tra le parassitosi sono comuni l'ascaridiosi e la filariosi, vermi tondi di cui il ciclo vitale comprende anche una fase attiva all'interno dell’albero respiratorio, mentre tra le patologie di natura funginea quella che colpisce i nostri cani è l’aspergillosi, in grado di danneggiare sia le prime vie aeree (frequente l’aspergillosi nasale del cane) che le zone più profonde (di gran lunga più rara).

  • Tumorali

Tumori che interessano primariamente l’apparato respiratorio, così come quelli esterni ad esso capaci di provocare una compressione sulle vie aeree, possono indurre uno stimolo tussigeno.

In genere sono colpiti animali anziani ed è più frequente osservarli nelle cagne come conseguenza di metastasi di carcinomi mammari. In tali casi l’esame radiologico, la TAC e/o la risonanza magnetica sono strumenti indispensabili per una corretta diagnosi.

  • Patologie cardiache

Numerose patologie cardiache possono indurre fenomeni di tosse, tra le quali si possono certamente ricordare l’insufficienza mitralica, la cardiomiopatia dilatativa e l’insufficienza cardiaca congestizia che frequentemente si esprimono con tosse.

E’ tipica la tosse in casi di ortopnea nel cane di piccola taglia affetto da valvulopatia mitralica,  che presenta una tosse secca, particolarmente stizzosa durante le ore notturne; in altri casi si presenta nei momenti di agitazione quando ad esempio è felice di rivedere il suo amico a due “zampe” di ritorno da una giornata di lavoro. Spesso all’anamnesi il proprietario riferisce erroneamente che il proprio cane ha mangiato qualcosa che è rimasto conficcato in gola e di conseguenza il piccolo animale cerca di eliminare mostrando più fasi  parossistiche di tosse, talvolta accompagnati da vomito e/o rigurgito.  Indispensabile è l’esame radiologico un tracciato elettrocardiografico e l’ecocardiografia, al fine di stabilire la natura e la gravità del quadro morboso.

  • Edema polmonare

E’ definito come un accumulo di liquidi nel compartimento polmonare. E’ una patologia molto grave e presenta diverse cause che possono coinvolgere altri organi quali il cuore, il fegato ed i reni. Spesso è necessario intervenire in urgenza portando il proprio piccolo presso una struttura Veterinaria di pronto soccorso.

  • Meccaniche

(Corpo estraneo, collasso tracheale, paralisi laringea, Polmonite ab ingestis, etc)

Abbastanza frequente, particolarmente nei cuccioli, riscontriamo casi di aspirazione accidentale di latte (specialmente in caso di errato svezzamento artificiale) o di oggetti di piccoli dimensioni che vanno ad ostruire le vie aeree.

Altro esempio è inalazione accidentale di ariste di graminacee durante il periodo primaverile/estivo. E’ tipica del cane da caccia in seguito a soggiorni all’area aperta in campi con erba particolarmente ricca di tali vegetali.  La diagnosi viene effettuata attraverso un esame radiologico e attraverso l’ausilio dell’endoscopia tracheobronchiale capace di estrarre il corpo estraneo risolvendo del tutto la problematica.

Altro esempio comune è il collasso tracheale, frequente nei cani di piccola taglia, che riduce il lume interno dell’organo ed in genere è dovuto a modificazioni strutturali della pars cartilaginea degli anelli tracheali. In questi casi è importante eseguire delle opportune radiografie per quantificare il grado di ostruzione.

Senza alcun dubbio è fondamentale capire l’origine della tosse al fine di trattarla, ma altrettanto importante è  prevenire le patologie riportate e  agire adeguatamente una volta che il sintomo è presente.

  • Prevenzione: come abbiamo visto molte delle cause di tosse sono di origine microbiologica, pertanto è indispensabile effettuare adeguati piani vaccinali/antiparassitari in maniera ciclica, sempre seguendo le indicazioni del proprio Medico Veterinario. Check-up completi effettuati annualmente o semestrali potranno prevenire altre cause di tosse anche non originate direttamente dall’albero respiratorio (tumori, patologie cardiache etc.)
  • Se il sintomo è presente? Se il sintomo è presente in maniera ricorrente, il proprietario dovrà contattare il proprio Medico Veterinario. E’ da sconsigliare terapie fai-da-te e un uso sconsiderato di antibiotici che potrebbe portare alla comparsa di microrganismi antibiotico-resistenti potenzialmente pericolosi per il buon esito della terapia o addirittura del tutto inutili quando si è di fronte a condizioni non infettive.

 

Dott. Giuliano Borriello
Ospedale Veterinario Universitario Didattico
Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali
Università di Napoli Federico II